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05/11/2013

L’EDICOLA DEI CONSULENTI DEL LAVORO DEL 5/11/2013
A cura della Fondazione Studi CNO
 
A VOI TUTTI VOI, UN OTTIMO DI TUTTO
Il Presidente Regionale
Anna Maria Granata
ARGOMENTI TRATTATI
|Diritto Penale |Fisco |Fisco | Professionisti |Lavoro|
Diritto Penale
 
Omesso versamento dell'Iva. Confisca anche se si patteggia
Relativamente ai reati tributari considerati dall'articolo 1, comma 143, della Legge n. 244/2007, in essi compreso anche il reato di omesso versamento di Iva di cui all'articolo 10-ter del D. lgs. n. 74/2000, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente può essere disposto anche in caso di sentenza di applicazione della pena non soltanto per il prezzo ma anche per il profitto del reato; ed infatti, l'integrale rinvio delle disposizioni di cui all'articolo 322-ter del Codice penale sulla confisca per equivalente, contenuto nell'articolo 1, comma 143 della Legge n. 244 citata, consente di affermare che, con riferimento a detti reati, trova applicazione non solo il primo ma anche il secondo comma della norma codicistica.

E la confisca per equivalente di cui all'articolo 322-ter c.p. opera in via obbligatoria in considerazione sia del dato testuale della norma, ove si prevede che la confisca vada “
sempre ordinata”, sia della natura sanzionatoria ad essa riconosciuta dalla giurisprudenza.

E' quanto ricordato dai giudici della Terza sezione penale della Cassazione nel testo della sentenza n. 44445 del 4 novembre 2013, con la quale è stato accolto il ricorso presentato dal Procuratore generale presso la Corte d'appello di Ancona contro la decisione con cui i giudici di merito avevano applicato, nei confronti di un imprenditore imputato per omesso versamento dell'Iva, la pena concordata tra le parti senza disporre la confisca per equivalente del profitto del reato.

La Suprema corte di legittimità ha evidenziato che, nella specie, la confisca andava applicata anche se la stessa non aveva costituito oggetto dell'accordo delle parti. Ed infatti – si legge nel testo della pronuncia – “
la sentenza di patteggiamento è sentenza vincolata relativamente al solo profilo del trattamento sanzionatorio e non anche a quello relativo alla confisca, per il quale la discrezionalità del giudice (discrezionalità vincolata quanto alla confisca obbligatoria) si riespande come in una normale sentenza di condanna”.
 
 
 
Fisco
 
Cessazione della materia del contendere, necessario un atto unico di acquiescenza
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 24738 del 4 novembre 2013 - Sesta Sezione Civile - accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione della Ctr Milano, che aveva dichiarato la cessazione della materia del contendere a seguito dello sgravio disposto dall’ufficio.

Per la Suprema Corte è il giudice di secondo grado ad aver sbagliato nel dichiarare la cessazione della materia del contendere basandosi esclusivamente sull’iscrizione a ruolo delle somme riportate sulla cartella di pagamento a seguito dell’accoglimento, da parte del giudice di primo grado, del ricorso prodotto dal contribuente.

Nelle cause intentate contro il Fisco, il semplice sgravio di una cartella di pagamento non ha come effetto automatico la conseguente cessazione della materia del contendere, essendo necessario, affiche tutto ciò avvenga, l’emissione di un atto univoco di acquiescenza da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Per tale ragione, la Ctr avendo agito in assenza di "atti precisi e univoci di acquiescenza", ma semplicemente sulla base di uno sgravio effettuato dal Fisco è incorsa nella violazione dell’articolo 46 del DLgs. n. 546 del 1992.

Ciò in quanto – a detta dei giudici di Cassazione - lo sgravio della cartella disposto provvisoriamente sulla base della decisione di primo grado favorevole al contribuente non produce alcun effetto sull’avviso di liquidazione, a meno che questo atto non sia stato annullato in autotutela. Quindi, per la corretta cessazione della materia del contendere è necessario che le parti abbiano preso atto della mutata situazione sostanziale portata in giudizio. E' sufficiente che una sola delle due parti non aderisca perchè non possa essere emessa una pronuncia di cessazione.
 
 
Comunicazione e dichiarazione Iva non sono equipollenti
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44433 del 4 novembre 2013, stabilisce che sono del tutto differenti la comunicazione annuale Iva e la dichiarazione Iva, che – se non presentata dal contribuente - porta alla condanna per reato fiscale. Come nel caso in esame, nel quale non sono state accolte le motivazioni di un imprenditore che sosteneva di aver assolto ai suoi obblighi avendo presentato la comunicazione annuale Iva, omettendo però la presentazione della dichiarazione annuale.

I giudici sottolineano come la normativa stabilisca la non equipollenza della comunicazione Iva, che deve essere effettuata entro il mese di febbraio di ciascun anno, con la dichiarazione annuale dell'imposta. La comunicazione, infatti, è sostitutiva delle dichiarazioni periodiche Iva infrannuali ed assolve allo scopo di fornire all'amministrazione finanziaria i dati Iva sintetici che “costituiscono una prima base di calcolo per la determinazione delle risorse proprie che lo Stato deve versare al bilancio comunitario”. L'autodeterminazione dell'imposta dovuta è invece determinata dal contribuente solo attraverso la dichiarazione annuale Iva.
 
 
 
Fisco | Professionisti
 
Non è più un consumatore chi "aspira" a diventare imprenditore con l'aiuto del commercialista
La Corte di cassazione con l'ordinanza n. 24731 del 4 novembre 2013 interviene sulla corretta interpretazione del regolamento di competenza per il foro del consumatore.

Il codice del consumatore, per i contratti negoziali fuori dai locali commerciali, prevede che la sede giudiziaria del luogo di residenza del privato si applichi solo in caso di contratti conclusi “
al di fuori ed indipendentemente da qualsiasi attività o finalità professionale, sia attuale, sia futura”.

Ma, nel caso esaminato, una contribuente, che intendeva iniziare un’attività imprenditoriale, si era rivolta ad un commercialista per l’assistenza nella procedura di finanziamento statale per, poi, invocare l'applicabilità del foro esclusivo del consumatore, data l’insorgenza di un attrito con lo stesso professionista in ambito economico.

In merito, la Corte dissipa la diatriba ricordando che “
in tema di disciplina di tutela del consumatore, non riveste la qualità di consumatore una persona quando, attraverso il contratto, si procuri un bene o un servizio nel quadro dell'organizzazione di un'attività professionale da intraprendere”.

Non rileva il fatto di non aver ancora iniziato l’attività, ma la funzione che il contratto (con il professionista) le attribuisce.

Pertanto, nell’ordinanza si stabilisce che il foro esclusivo del consumatore in relazione alla controversia di chi richiede al commercialista consulenza aziendale non può essere adito.
 
 
 
Lavoro
 
Precisazioni sulla salvaguardia per i lavoratori in cigs e mobilità
In materia di salvaguardia prevista dalla legge n. 135/2012, il messaggio n. 17606, del 4 novembre 2013, dell'Inps fornisce chiarimenti sulla posizione di quei lavoratori che maturano i requisiti pensionistici vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto legge n. 201/2011, anteriormente all'accesso agli strumenti di sostegno al reddito.

L'Istituto precisa che le misure di salvaguardia interessano quei lavoratori che non riescono a perfezionare i requisiti pensionistici previsti dal DL n. 201/2011 entro il termine della fruizione degli strumenti di sostegno al reddito.

Non sono ammessi al beneficio della salvaguardia coloro che, nel periodo di fruizione di interventi a sostegno del reddito, raggiungono i requisiti pensionistici autonomamente.

Tali precisazioni sono date in seguito al verificarsi delle seguenti casistiche emerse dall'esame delle posizioni contributive ai fini della certificazione della salvaguardia per quei lavoratori interessati nelle procedure di gestione degli esuberi aziendali sottoscritte entro il 31 dicembre 2011:

- coloro che maturano i requisiti pensionistici previgenti alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 201/2011 successivamente al 31 dicembre 2011, ma prima dell’inizio del periodo di fruizione dell’indennità di mobilità;

- lavoratori che, nell’ambito degli accordi governativi per la gestione delle eccedenze occupazionali, beneficiano di due successivi ammortizzatori sociali:cigs, nel corso della quale maturano, dopo il 31 dicembre 2011, i previgenti requisiti pensionistici, e indennità di mobilità.
 
 
Artigiani e commercianti alla cassa per i versamenti della contribuzione eccedente il minimale
Mese di novembre ricco di appuntamenti per gli artigiani e commercianti, che entro il 18 novembre (il 16 cade di sabato) devono versare la cosiddetta "quota fissa", ossia la terza rata del contributo minimale, mentre entro il 30 – versamento che slitta al 2 dicembre per via del sabato – il secondo acconto 2013 sulla quota di reddito eccedente il minimale.

I contributi sulla parte di reddito eccedente il minimale devono essere versati in due quote di pari importo entro i termini stabiliti per il versamento dell’Irpef. Quelli sul reddito minimo hanno, invece, scadenze fisse e devono essere versati il 16 dei mesi di maggio, agosto, novembre e febbraio dell’anno successivo. Ecco, dunque, che nel mese di novembre si incontrano due appuntamenti importanti per gli artigiani e i commercianti.

I versamenti del 2013 risentono degli aumenti previsti dalla riforma del lavoro Fornero: l’aliquota contributiva delle due categorie di lavoratori autonomi per il 2013 infatti sale al 21,75% (21,84% per i commercianti), con aumenti pari ad un + 0,45% l’anno per raggiungere l’obiettivo del 24% previsto a regime per l’anno 2018.

Nello specifico, per il 2013 gli artigiani pagano il 21,75% sul tetto pensionabile fissato fino a 45.530 euro e il 22,75% sulla quota eccedente, fino al massimale di 75.883 euro. Queste percentuali sono un po’ più elevate per i commercianti che devono inglobare nei loro versamenti una maggiorazione dello 0,09% rivolta al fondo per la rottamazione negozi, destinato ad intervenire in favore di chi cessa la propria attività prima di aver raggiunto l’età pensionabile. Gli artigiani così sono tenuti a versare il 21,84% sul tetto pensionabile del 2013 e il 22,75% sulla quota eccedente.
 
 
 
DL 104/2013: il principio dell'alternanza del percorso tra fase di studio e mondo del lavoro
Il decreto legge n. 104 del 12 settembre 2013, contenente “Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca”, ora all'esame del Senato dopo l'approvazione della Camera il 31 ottobre 2013, all'art. 8 presenta qualche problematica.

In esso si parla della possibilità per università, scuole e istituti tecnici superiori di stipulare convenzioni con aziende per permettere allo studente lo svolgimento di un iter formativo, con la stipula di un contratto di apprendistato.

Questa norma va a sancire il principio dell'alternanza tra la fase di studio e il mondo lavorativo, fondamentale affinché il giovane possa accedere nel modo migliore verso il mercato del lavoro.

La questione, però, sta nel fatto che il suddetto principio venne già sostenuto con l'introduzione delle tre tipologie di apprendistato da parte della legge Biagi (decreto legislativo n. 276/2003), ma per vari anni non è stato messo in atto, dal momento che le relative norme attuative regionali non sono state approvate, neanche nel 2011 con il Testo unico sull'apprendistato.

Il decreto legge n. 104/2013, quindi, non propone una novità e non va a migliorare gli aspetti problematici presentatisi nel corso degli anni. Unico aspetto nuovo sta nell'esclusione dal rinvio alle leggi regionali dell'apprendistato così configurato, aspetto sicuramente diretto alla semplificazione del mercato.

Risulta quindi a tal punto necessario lavorare sulla esclusione delle criticità, al fine di mettere in atto tale principio.
 

 
 
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