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07/10/2013

 

 

  L’EDICOLA DEI CONSULENTI DEL LAVORO dell’ 8/10/2013
 Cura della Fondazione Studi Nazionale C.N.O.
 
A TUTTI VOI, IL MEGLIO DI TUTTO.
Il Presidente RegionaleAnna Maria Granata.
ARGOMENTI TRATTATI
|Bilancio | Diritto Internazionale |Diritto Civile | Fisco |Fisco |Fisco | Professionisti|
Bilancio | Diritto Internazionale
 
Bilancio. La sottostima dei beni dell'attivo patrimoniale non ammette rivalutazioni
La Corte di Giustizia Ue, decima sezione, con la sentenza del 3 ottobre 2013, relativa alla causa C-322/12, per risolvere una controversia di carattere fiscale sorta in Belgio circa la corretta imputazione in bilancio del costo di acquisto o di produzione di alcuni elementi dell’attivo patrimoniale, nel caso in cui lo stesso risultasse inferiore al loro valore effettivo, prende in rassegna le indicazioni della quarta direttiva Ue in materia di redazione del bilancio.

Secondo le conclusioni della Corte, anche nel caso evidente in cui il costo di acquisto o di produzione di alcune attività patrimoniali risultasse “
manifestamente inferiore al loro valore effettivo”, il principio del quadro fedele di cui all’articolo 2, paragrafi da 3 a 5, della quarta direttiva Ue non consente di derogare al principio della valutazione degli elementi dell’attivo in base al loro prezzo di acquisto o al loro costo di produzione, così come sancito all’articolo 32, della quarta direttiva 78/660/CEE del Consiglio (valutazione al costo). Analoga, importante considerazione è da attribuire poi all’articolo 31, che impone invece la dovuta prudenza nella redazione del bilancio.

Così, nel momento in cui la società va a redigere il bilancio – secondo la Corte Ue - l’eventuale sottostima di alcuni elementi dell’attivo non può essere considerata come una eccezione tale da far venire meno al principio della valutazione storica del costo e legittimare eventuali rivalutazioni di attività.

Tale principio comunitario è stato recepito nel nostro ordinamento dall’articolo 2423 del Codice civile, che precisa, senza ombra di dubbio, come l’eventuale sottostima dei valori storici di un bene causata dall’inflazione non costituisce eccezione per giustificare una loro rivalutazione: la disciplina di tale evento è riservata, infatti, solo al legislatore.

Ciò vale, però, solo per le imprese che redigono il bilancio secondo i principi contabili nazionali e non anche per quelle che adottano i principi contabili internazionali, che, invece, a certe condizioni, possono effettuare le rivalutazioni.
 
 
Diritto Civile | Fisco
 
Deducibile anche il rimborso Irpef versato all'ex coniuge
Con la sentenza n. 6/01/2013, la Commissione tributaria regionale Lombardia affronta il caso di due coniugi che, in fase di separazione, dopo la determinazione da parte del giudice dell'importo “netto” per il mantenimento, avevano sottoscritto una scrittura privata con la quale convenivano che il rimborso dell'Irpef versata fosse a favore del beneficiario dell'assegno di mantenimento.

Le Entrate ritenevano illegittima la deduzione che il coniuge tenuto al versamento dell'assegno aveva effettuato per gli importi corrisposti a titolo di rimborso dell'Irpef e motivavano l'iscrizione a ruolo dell'imposta corrispondente evidenziando il fatto che le somme in questione fossero state corrisposte a seguito degli accordi intercorsi tra i due coniugi e non da quanto stabilito dal giudice.

La Ctr Lombardia accoglie invece il ricorso presentato dal contribuente e annulla la cartella di pagamento. Secondo i giudici, quanto stipulato tra i coniugi si configura come accordo chiarificatore di quanto statuito dal giudice nella sentenza di separazione, non costituendo quindi il rimborso dell'Irpef versata al coniuge un incremento diretto o indiretto della somma netta versata al coniuge, ma
“un onere accessorio da riversarsi all'Erario”.
 
 
Fisco
 
Solo il preliminare registrato blocca la rettifica sulla plusvalenza immobiliare
La Commissione tributaria di secondo grado di Trento, con sentenza 68/01/2013, depositata il 7 agosto 2013, ha stabilito che il preliminare di vendita di particelle fondiarie non registrato e, quindi, privo di data certa non impedisce la rettifica sulla plusvalenza immobiliare.

Le particelle fondiarie erano state alienate da due persone fisiche ad una società, che aveva pagato una cifra di poco inferiore ai due milioni e mezzo di euro e in seguito aveva ricevuto un avviso di rettifica ai fini dell'imposta di registro, definito in adesione con una rideterminazione pari a poco meno di 3,2 milioni di euro.

In seguito, agli alienanti sono stati notificati due avvisi di accertamento, ove si prevedeva una plusvalenza tassabile, ai fini Irpef, di quasi 370 mila euro e relativa maggiore imposta di poco inferiore a 97 mila euro. Gli avvisi di accertamento sono stati poi impugnati davanti alla Commissione tributaria di I grado di Trento, che accoglieva il ricorso.

L'Agenzia delle entrate presenta ricorso alla Ctr, che l'accoglie, dal momento che l'accertamento della plusvalenza sulla base del valore di mercato del terreno è una presunzione e non un indizio, che può essere vinta solamente dalla prova contraria di un prezzo inferiore.
 
 
Fisco | Professionisti
 
Accertamento infondato se giustificato con prestazioni gratuite in favore di familiari e amici
La Commissione tributaria provinciale di Cosenza, con sentenza n. 365/04/2013, ha accolto il ricorso presentato da un notaio contro l'avviso di accertamento a lui notificato in quanto la quantità dei compensi accertata per l'anno 2006 risultava inferiore al 40% dei compensi dichiarati.

Il professionista aveva impugnato l'accertamento deducendone l'infondatezza e allegando, tra gli altri motivi, che nel corso di quell'anno aveva redatto 27 atti a titolo gratuito sulle 2005 fatture emesse.

Secondo la Commissione provinciale, questa contestazione era fondata ed andava accolta, essendo plausibile che in relazione a 27 atti su 2005 il notaio avesse prestato la propria opera senza percepire alcun compenso per ragioni di amicizia, parentela ovvero convenienza.

La presunzione secondo cui i professionisti non sono soliti prestare la proprio opera a titolo gratuito – si legge nel testo della decisione - “
è compatibile con la possibilità che un numero esiguo di pratiche vengano trattate gratuitamente, come peraltro dedotto dall'ufficio nelle controdeduzioni”.

In proposito, i giudici tributari hanno richiamato la conforme giurisprudenza di legittimità secondo cui “
l'inderogabilità delle tariffe professionali non implica l'invalidità della rinuncia al compenso, quale che ne sia la ragione, costituendo la retribuzione un diritto patrimoniale disponibile”.
 

 
 
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