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17/09/2013

L’EDICOLA DEI CONSULENTI DEL LAVORO DEL 17/09/2013
A cura della Fondazione Studi
ARGOMENTI TRATTATI
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Attività Finanziarie | Fisco
 
Per i capitali scudati si indica l'anno di riferimento del tributo
Assofiduciaria, il 16 settembre 2013 con una nota (commentata dalla carta stampata, ma non pubblicata ufficialmente), chiarisce che per i capitali scudati va indicato l'anno cui si riferisce il tributo. Così, per i versamenti scadenti il 16 luglio 2012 e relativi al 2011, l'anno di riferimento da indicare in F24 è il 2011.

In questo modo è possibile per gli Uffici, in sede di controllo automatizzato, associare l'operazione ai dati del quadro ST del modello 770 del 2013. Per i versamenti relativi all'anno 2012, ed effettuati entro il 16 luglio 2013, il periodo di riferimento è il 2012.

La nota nasce a seguito dei dubbi, chiariti poi con gli Uffici, sorti da istruzioni riportate nel sito dell'Agenzia (ed ora aggiornate) che chiedevano di indicare come anno di riferimento l'anno di pagamento, invece dell'anno di riferimento del versamento come disponeva la risoluzione n. 14/E, del 9 febbraio 2012, delle Entrate stesse.
 
 
Diritto Penale
 
Sì alle sanzioni penali per mancato versamento dei contributi anche in caso di dissesto finanziario
La Corte di Cassazione, Terza sezione penale, con la sentenza n. 37528 depositata il 13 settembre 2013, definisce i confini dell’illecito penale nei casi specifici di crisi economica attraversata da un’impresa.

Sancendo un principio più severo rispetto ai recenti orientamenti dei giudici di merito, che avevano attribuito un peso dal punto di vista penale alla crisi economica attraversata dall’impresa, i Supremi giudici chiariscono che non deve essere attribuita alcuna importanza allo stato di salute economica dell’azienda ai fini della commisurazione delle sanzioni penali: lo stato di dissesto finanziario di un’impresa, infatti, non può essere addotto come motivazioni per evitare la sanzione penale nel caso di omesso versamento dei contributi. Quest’ultimi infatti rappresentano un tributo da pagare sempre, indipendentemente dall’andamento finanziario dell’azienda, non costituendo una parte integrante del salario.

A nulla è valsa, così, la difesa dell’impresa che, muovendo dallo stato di salute dell’impresa, aveva sottolineato l’assenza dell’elemento psicologico necessario per la definizione del reato penale.
 
 
Diritto Penale | Fisco
 
Omesso versamento dell'Iva. Confisca anche se la pena viene patteggiata
Con sentenza n. 37580 depositata il 13 settembre 2013, la Corte di cassazione ha annullato una sentenza con la quale il Tribunale di Macerata, Sezione distaccata di Civitanova, aveva applicato la pena stabilita dall’accordo delle parti in capo all’amministratore unico di una Srl per omesso versamento all’erario dell’Iva dovuta sulla base alla dichiarazione annuale; il tutto per il complessivo importo di circa 120mila euro.

La sentenza, in particolare, è stata annullata limitatamente alla statuizione relativa alla omessa applicazione della confisca obbligatoria ex articolo 322-ter del Codice penale a seguito dell’impugnazione promossa dal Procuratore della Repubblica presso la Corte territoriale, il quale aveva sollevato doglianza proprio per far valere questa omissione.

I giudici della Terza sezione penale hanno, infatti, rilevato la fondatezza della censura avanzata in sede di legittimità, affermando che la confisca doveva essere disposta anche se il giudice di merito aveva operato in sede di patteggiamento, a nulla rilevando che essa non avesse costituito oggetto dell’accordo delle parti.

Nel patteggiamento, le parti, – si legge nel testo della decisione – non possono vincolare il giudice con un accordo avente ad oggetto anche le pene accessorie, le misure di sicurezza o la confisca,
“atteso che le suddette misure sono fuori della loro disponibilità, e, nel caso in cui l’accordo riguardi anche esse, il giudice non è obbligato a recepirlo o a non recepirlo per intero, rimanendo vincolato soltanto con riguardo alle parti dell’accordo riguardanti elementi nella disponibilità delle parti”.
 
 
Diritto Societario | Professionisti
 
Revoca per giusta causa: applicazione estensiva della clausola compromissoria all'amministratore
Un amministratore di società invocava l’annullamento oppure la dichiarazione di nullità nei confronti della delibera assembleare, che pretendeva la revoca della carica di consigliere di amministrazione per giusta causa, richiedendo, allo stesso tempo, la condanna della società al risarcimento del danno causatogli.

La società a sua volta opponeva la competenza arbitrale della clausola compromissoria di cui all’articolo 27 dello Statuto sociale, secondo cui: “
tutte le controversie sorte tra i soci oppure tra i soci e la società, gli amministratori i liquidatori o sindaci, aventi per oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, sono risolte da un collegio arbitrale composto di tre membri nominato dal presidente dell'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili nel cui ambito ha sede la società, entro trenta giorni dalla richiesta avanzata in forma scritta dalla parte più diligente”.

Contro tale clausola compromissoria prevista dallo Statuto, l’amministratore ha presentato ricorso dinanzi al Tribunale di Milano.

Con la sentenza n.
14690/2012 R.g., del 22 luglio 2013, il Giudice milanese, rigettando il ricorso dell’amministratore, ha sostenuto che oggi - dopo la riforma del diritto societario e, più in generale, dell’istituto dell’arbitrato - è da ritenersi più che valida la clausola compromissoria prevista dallo statuto sociale per la revoca per giusta causa dell’amministratore di una Srl dal suo incarico.

Gli amministratori di società, quindi, sono vincolati al rispetto dello statuto societario in ogni sua parte, anche per ciò che riguarda l’opzione arbitrale di risoluzione delle controversie quando queste riguardino la revoca del loro incarico per giusta causa.

L’arbitrato societario è, dunque, ammissibile per la risoluzione delle delibere assembleari impugnate, non costituendo più una sola alternativa “privata” di componimento di interessi e diritti, ma un sistema processuale alternativo di definizione delle liti.
 
 
Fisco
 
Accertamenti con adesione e conciliazioni giudiziali: i codici per la decadenza dalla rateazione
Con la risoluzione n. 57 del 16 settembre 2013, l’agenzia delle Entrate istituisce i codici tributo, da esporre nella sezione “Erario” in corrispondenza degli “Importi a debito versati” dell’F24, in caso di sanzione per la decadenza dalla rateazione (mancato pagamento anche di una sola delle rate, diverse dalla prima, entro il termine stabilito per la rata successiva) del dovuto a seguito di un accertamento esecutivo.

Si tratta dei codici:

- 9475, denominato “sanzione per decadenza da rateazione relativa ai tributi erariali - art. 29, c. 1, lett. a) dl n. 78/2010”;

- 9476, denominato “sanzione per decadenza da rateazione relativa all’addizionale comunale all’Irpef - art. 29, c. 1, lett. a) dl n. 78/2010”;

- 9477, denominato “sanzione per decadenza da rateazione relativa all’addizionale regionale all’Irpef - art. 29, c. 1, lett. a) dl n. 78/2010”;

- 9478, denominato “sanzione per decadenza da rateazione relativa all’Irap - art. 29, c. 1, lett. a) dl n. 78/2010”.
 
 
 
 
Manovra correttiva in arrivo, allo Stato servono 4 miliardi
Il ministro dell’Economia, Saccomanni, ha spiegato che allo Stato servono 4 miliardi per rimandare al 2014 l’aumento Iva, per abolire la seconda rata Imu di dicembre, per potenziare i fondi per la Cig e per finanziare le missioni internazionali.

Pertanto, sarà necessario metter su una manovra correttiva.

Le cifre del preventivo saranno esaminate dal CdM, che analizzerà anche l’integrazione del Programma nazionale di riforma iniziato dal Governo Monti.

Tutto ciò allo scopo del mantenimento del disavanzo entro il 3% del Pil nel 2013, che resta l’obiettivo primario del Governo.

Quanto alle riforme fiscali, Saccomanni conferma che si andrà verso la riduzione del cuneo fiscale, la revisione dell'ambito di applicazione Iva delle esenzioni e delle aliquote ridotte, il riordino delle agevolazioni fiscali dirette e la revisione del catasto, allineando gli estimi e le rendite ai valori di mercato.

L’appuntamento è per il 20 settembre 2013, con la bozza del Def.
 
 
 
Lavoro
 
Indennità risarcitoria per mancato repechage
Il Tribunale di Varese, con ordinanza del 2 settembre 2013, interviene in merito alla risoluzione di un rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo senza il rispetto dell'obbligo di repechage.

Il caso riguarda un dipendente, che effettuava servizio di portierato, licenziato per cessazione del contratto di appalto e non ricollocato dall'azienda per mancanza di posizioni negli altri appalti.

Riconosciuta la validità della motivazione che ha portato al licenziamento, è evidenziato però nel contempo all'azienda di non aver portato adeguate argomentazioni in merito al rispetto dell'obbligo di repechage.

Nell'esaminare il fatto secondo il nuovo articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, il giudice puntualizza come la non applicazione dell'obbligo di repechage è estranea al concetto di “fatto posto a fondamento del licenziamento”. Non si applica pertanto la reintegrazione sul posto di lavoro, ma il pagamento di un'indennità risarcitoria, quantificata nel caso in esame in 12 mensilità, visto che – anche se tardivamente – era stata proposta al dipendente una nuova occupazione.
 
 
Professionisti
 
Registro revisori legali: richiesta di proroga dal Cndcec per la comunicazione dei dati
La data del 23 settembre 2013, prevista per la comunicazione dei dati per la formazione del Registro dei revisori legali al Ministero dell'economia, potrebbe subire uno slittamento.

Infatti, è nelle intenzioni del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (Cndcec) la richiesta di una proroga del termine. I motivi sono legati a varie difficoltà connesse al sistema informatico e alla valutazione del Consiglio dell'inutilità di comunicare dei dati di cui la pubblica amministrazione sarebbe già in possesso.

Intanto, viste le difficoltà, il Ministero dell'economia annuncia che sarebbe in previsione il non irrogare ai professionisti - che comunicheranno i dati oltre la data prevista - le sanzioni, che oscillano tra i 1.000 e 150.000 euro.
 
 

 
 
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