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09/09/2013

 

L’EDICOLA DEI CONSULENTI DEL LAVORO DEL 9/9/2013
A cura della Fondazione Studi Nazionali
ARGOMENTI TRATTATI
|Fisco |Fisco | Operazioni straordinarie|
Fisco
 
Contenzioso, allegazione di documenti possibile anche senza risposta al questionario
Con la sentenza n. 74/27/2013, la Ctr Lombardia chiarisce che, nell’ambito dell’accertamento sintetico, se il contribuente non ha risposto al questionario, la difesa mantiene la facoltà di produrre documenti nelle successive fasi istruttorie e durante il contenzioso.

L'agenzia delle Entrate in appello opponeva alla contribuente, la quale non aveva dato seguito al questionario ricevuto, la decadenza dalla possibilità di produrre documenti.

Ma i giudici sottolineano che il dovere di collaborazione con il Fisco era stato ottemperato già nella fase pre-contenziosa, in cui l’accertata aveva prodotto ampia documentazione.

L'omessa risposta al questionario, si spiega, non ha effetti preclusivi: la possibilità di allegazione di documenti decade solo qualora l'Amministrazione abbia effettuato una richiesta/ricerca di atti per i quali è prevista la tenuta obbligatoria a cui sia seguito un rifiuto/occultamento da parte del contribuente.
 
 
Le omissioni del sostituto non ricadono sul sostituito
La Commissione tributaria provinciale di Macerata, con la sentenza n. 143/1/13 depositata il 3 luglio 2013, accoglie il ricorso del contribuente e stabilisce come questi, in caso di omissioni o irregolarità dei versamenti da parte del sostituto, non sia responsabile.

I giudici della Ctp evidenziano, nella loro decisione, l'impossibilità di controllo da parte del sostituito sull'operato del sostituto e quanto disposto dall'art. 35 del DPR n. 602/1973, che individua una responsabilità solidale tra sostituito e sostituto limitatamente nella fase di riscossione del tributo per ritenute non versate.
 
 
Fisco | Operazioni straordinarie
 
Cessione d'azienda. Il pagamento dell'imposta è contestuale alla stipula del contratto
Nel concludere un contratto di cessione di un ramo d’azienda, le parti avevano stabilito un prezzo di vendita provvisorio, con l’intento di rivederlo in un secondo momento.

Sulla base di tale corrispettivo provvisorio indicato nell’atto è stata assolta l’imposta proporzionale e il contratto è stato regolarmente registrato. Solo in un secondo momento, le parti hanno attuato la clausola riguardante la rettifica del prezzo e sono stati assolti i connessi obblighi attinenti l’imposta di Registro.

A tal punto, però, il Fisco ha ritenuto il valore venale del ramo d’azienda ceduto maggiore rispetto al prezzo dichiarato nell’atto di vendita, tanto da rettificare la base imponibile ai fini dell’imposta di Registro e notificare l’atto impositivo ai due contraenti, in quando obbligati in solido.

In appello dinanzi alla Ctp si è affrontata la questione relativa alla corretta interpretazione dell'articolo 76, comma 1-bis, del Dpr 131/1986 (Testo Unico registro), secondo cui l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta dovuta sull’azienda deve essere notificato entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell’imposta proporzionale.

La questione non risolta in primo grado è stata definita dalla Ctr Lombardia che, con la sentenza n. 54/32/2013, ha sancito che il termine biennale per la rettifica del valore venale ai fini dell’imposta di Registro, di cui al citato articolo 76, decorre sempre dal pagamento dell'imposta proporzionale sull'originario atto di cessione. Non rileva il fatto che l’iniziale corrispettivo pattuito fosse provvisorio e subordinato alla condizione di essere rivisto in un secondo momento.

È, dunque, proprio dalla data di stipula del contratto che decorre il termine biennale per l’eventuale avviso di rettifica da parte dell’Ufficio. Ciò in quanto l’obbligo di provvedere al pagamento dell’imposta in capo ai contribuenti è contestuale alla stipula del contratto.

Qualora, infatti, la determinazione del prezzo avesse comportato modifiche rispetto a quello dichiarato nel contratto, le parti avrebbero avuto tutto il tempo per integrare l’imposta se il prezzo fosse risultato superiore a quello dichiarato e viceversa, nel caso contrario. Analogamente, l’Ufficio – secondo i giudici regionali - in questa fase successiva, fermo restando l’obbligo di rettifica entro i due anni dal pagamento dell’imposta, poteva intervenire e se necessario procedere alla rettifica del prezzo definitivo.
 

 
 
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